Spider-Boy

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domenica 6 gennaio 2013

Forse non lo sai ma pure questo è amore



Palermo. Fucilazione nel quartiere della Kalsa nel giorno dei Morti (1960)
Enzo Sellerio, Palermo. "Fucilazione" nel quartiere della Kalsa nel giorno dei Morti (1960)


E dice che per amore si fanno cose strane, si fanno cose folli che non le sai neanche raccontare e se solo ci provi ti ci perdi. Ma sono gli altri che non hanno tempo buono per l’ascolto, soltanto occhiate di traverso che abbondano d’invidia, che conviene mischiar tutto e nascondere loro ogni bacio.
E allora esco con una foto in mano vecchia di cinquant’anni, per amore di quell’immagine lì, per amore degli occhi che me l’hanno regalata. Per amore di memoria. Per cercarmi il mio altrove in bilico tra il tempo andato e quello che ho, tra il ritrovare e conservare tracce a tutti i costi. Finché si può, che intanto stravolgono tutto a velocità che non mi appartengono, lasciandomi intorno solo nuovi ruderi da ventunesimo secolo. Imbocco vicolo della Salvezza e so subito di essere arrivata. Ma ancora non va bene e poi ci sono tutte quelle macchine, spiazzo ormai da posteggio e non c’è più spazio perché i bambini giochino a fucilarsi il giorno dei morti.
E allora mi gioco ogni distanza possibile e allora fai un passo avanti e due indietro prima dello sparo e sono tutti passi nel tempo. E allora giro e rigiro ed eccomi con le mani sul muro.
E intanto la gente passa e lo so che pensa che io sia pazza in questo mio girotondo di passi e di sguardi, che lì non trovano niente da guardare, niente che valga la pena fotografare. Eppure c’è quel muro lì che mi parla, giuro che mi sta parlando ma vi mancano amore e memoria per sapere ascoltare.
E poi i bambini della Kalsa, li cerco. E li trovo nel prato, felici in mezzo alla spazzatura: terra, petali, bicchieri e accendino a preparare torte. Che ti sorridono e ti chiedono un euro e se non ce l’hai: signora, ripassa domani che ti faccio la torta rossa, io non la mangio ma è buona. Allora domani ripassi?
Li trovo appesi ad una portafinestra imbronciati come se gli pesasse qualcosa, forse quello stare chiusi in casa con un solo spiraglio per guardare il mondo. Li trovo in un vicolo, che bastano un ombrello e una scatola di pizza per far felice la fantasia. Li trovo in un campetto di calcio dalle reti fatte a pezzi, maschio e femmina a contendersi un calcio di rigore in nome dell’anzianità che te la misuri dal numero di scarpa.
Mi riporto a casa quel tempo della strada  che lo so bene che qui non va via, come se quei bambini di Enzo Sellerio fossero ancora dietro ogni angolo, pronti a sorridermi con la loro pistola in mano.
 


Ilaria Guccione, L'ombrello è già occupato (Palermo, dicembre 2012)


Ilaria Guccione, Aspettatemi (Palermo, gennaio 2013)




    





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